Gli Acquaviva

Serenissima Grande Casa del Regno

La famiglia Acquaviva fu una delle "Serenissime Grandi Case" del Regno di Napoli.  Di essa sono ben documentati il ramo principale degli Acquaviva di Atri e San Flaviano (estinto nel 1755) e i rami cadetti degli Acquaviva di Caserta e Bellante (estinto nei Caetani di Sermoneta nel 1659) e degli Acquaviva di Conversano e Nardò (estinto nel 1972).

Le origini della famiglia, di antica ascendenza longobarda, sono dibattute tra chi la ritiene originaria del Teramano e chi ritiene fosse radicata in origine nel Ducato longobardo di Spoleto e abbia poi esteso i suoi interessi nel Teramano e nel Salento. E' comunque storicamente accertato che già nel 1195 il ramo principale della famiglia Acquaviva, che sarà quello dei duchi di Atri, possedeva nella Piana del Vomano i castelli di Sant'Omero, Ripattoni (Bellante), Morro, Ofena e Canzano.

I primi esponenti della famiglia menzionati nei documenti storici sono Berardo e suo figlio Gualtieri Acquaviva. Nel 1195 è menzionato Rinaldo Acquaviva, originario di Atri e investito di alcuni feudi nel Teramano dall'imperatore  Federico II Barbarossa, della casata sveva degli Hohenstaufen

Nel 1268 gli Angioini, con Carlo I d'Angiò, subentrarono agli  Hohenstaufen sul trono del Regno di Sicilia, che in origine includeva l'Italia meridionale, la Sicilia e la Sardegna. Nel 1282 il regno fu suddiviso in due parti. La parte continentale, il Regno di Napoli, rimase agli Angioini con Carlo II d'Angiò, mentre il Regno di Sicilia fu assunto dagli Aragonesi con Pietro III d'Aragona. Iniziarono allora le dispute tra Angioini e Aragonesi, entrambi desiderosi di riunificare il regno sotto il loro scettro. La disputa si concluse solo nel 1372 con il Trattato di Avignone, che sancì il reciproco riconoscimento di sovranità sui rispettivi territori.

Per tutto questo periodo gli Acquaviva mantennero saldi legami con la casa reale degli Angiò, alla quale rimasero sempre fedeli, ed assunsero una posizione di rilievo crescente, fino ad essere annoverati tra le sette "Serenissime Grandi Case" del Regno di Napoli, insieme alle famiglie Sanseverino, d'Aquino, Ruffo, del Balzo, Molise e da Celano. 

Nel 1284 Riccardo Acquaviva è nominato Giustiziere (governatore) di Terra d'Otranto da Carlo I d'Angiò. Nel 1316 Roberto d'Angiò conferisce il titolo di Giustiziere d'Abruzzo a Cicco Acquaviva. Nel 1381, con l'ascesa al trono di Carlo III del ramo di Angiò Durazzo, iniziò una disputa dinastica e i nobili abruzzesi si divisero in due fazioni, la prima fedele agli Angiò e la seconda ai Durazzo.

Nel 1393 il re Ladislao I, del ramo di Angiò-Durazzo, nominò Antonio Acquaviva Giustiziere d'Abruzzo e lo investì del Ducato di Atri e della Contea di Teramo, città che Antonio Acquaviva aveva acquistato per la somma di 35.000 ducati. Antonio Acquaviva fu coinvolto nelle sanguinose dispute insorte tra i nobili teramani che, schierati nelle opposte fazioni dei Della Valle e dei Melatino, ambivano al controllo di Teramo. Di queste lotte nel 1407 fu vittima lo stesso duca Andrea Matteo Acquaviva, figlio di Antonio, ucciso dai Melatino.

Il ducato passò allora a Giosia Acquaviva, figlio del duca ucciso, che vendicò il padre facendo strage dei Melatino. Con lui, riconfermato governatore di Teramo, i possedimenti degli Acquaviva raggiunsero la massima espansione. Ma nel 1440, con l'ascesa al trono di Alfonso I d'Aragona, la signoria di Teramo passò a Francesco Sforza, che estromise gli Acquaviva. Nel 1443 Alfonso I d'Aragona assunse definitivamente il controllo del Regno di Napoli e gli Acquaviva persero Teramo, che Alfonso volle includere nel demanio regio.

Nel 1458, con la morte di Alfonso I d'Aragona, Giosia Acquaviva tentò inutilmente di riconquistare Teramo. Ma il nuovo re, Ferrante I d'Aragona, confermò la decisione assunta da Alfonso I. Allora Giosia, alleatosi con altre famiglie teramane filo-angioine, tentò di riprendersi la città con la forza. Ne nacque una lunga serie di sanguinosi scontri con la fazione filo-aragonese, scontri che si conclusero con la sconfitta degli Acquaviva, che persero anche l'investitura del Ducato di Atri ed altri feudi.

Nel 1464 il viceré Matteo di Capua, inviato in precedenza da Ferrante I d'Aragona a spodestare gli Acquaviva, restituì il Ducato di Atri a Giuliantonio Acquaviva. A lui Ferrante I d'Aragona concesse nel 1479 anche il privilegio di aggiungere al cognome la specificazione "d'Aragona". Per questo motivo, dal 1481 il ramo ducale degli Acquaviva assunse la denominazione di Acquaviva d'Aragona e lo stemma della famiglia, un leone rampante azzurro con lingua rossa in campo d'oro, fu inquartato con lo stemma degli Aragona.

Nel  1501 Andrea Matteo III Acquaviva d'Aragona intentò una causa per recuperare tutti i possedimenti sottratti dagli Aragonesi agli Acquaviva, inclusa la città di Teramo. Ma, prima che la causa fosse decisa, gli Aragonesi persero il trono del regno di Napoli sul quale si insediò il re di Spagna Ferdinando II il Cattolico, che concesse Teramo in feudo alla figlia Giovanna di Castiglia.

Dopo la morte di Ferdinando II, nel 1519 Andrea Matteo III tentò ancora di riavere Teramo acquistando la città da Francesco I di Francia, sceso in Italia per sconfiggere gli Spagnoli. Da lui ottenne anche il titolo di principe di Teramo e la restituzione di molti dei feudi persi dagli Acquaviva sotto gli Aragonesi.

All'inizio del XVI secolo la famiglia Acquaviva d'Aragona si suddivise in tre diversi rami:

Stemma gentilizio degli Acquaviva d'Aragona.

Il borgo di Atri, Ducato degli Acquaviva.

Atri, Palazzo Ducale degli Acquaviva.

Cellino Attanasio, resti della fortezza degli Acquaviva.

La Rocca di Acquaviva Picena.